POESIE
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III
A MASSIMILIANO EMANUELE ELETTORE DI BAVIERA
PANEGIRICO IN TRE CANZON

 

1
   Qual novo lume col divin suo raggio
d'almo splendor la mente orna e rischiara,
e di gran cose i miei pensier informa?
Onde mi viene omai luce sì chiara,
5 che m'apre ad alta impresa il gran viaggio,
a cui muover da me non posso un'orma?
Chi mai con luminosa altèra norma,
l'ombre scuotendo a lo mio ingegno intorno,
me 'ndrizza ad opre un dì forse pregiate?
10Lume di nostra etate,
che d'ogni alta virtù riluci adorno,
signor, che reggi di Baviera il freno,
le meraviglie ch'io provando ammiro,
sono del valor vostro effetti usati,
15tal ch'i pregi in altrui via più lodati
le minor laudi vostre avven che sieno:
se quell'ampio splendor, che 'n me rimiro,
breve barlume è sol che diffondete
di quella luce onde sì ricco sète.
20   Che dunque dietro a voi mie lodi alzassi,
ardir non è; poich'egli osar non vòle,
né può cotanto, e né, potendo, il deve:
ma son quasi cristallo opposto al sole,
ove si rompa il raggio, e non trapassi,
25che la rimanda il lume onde 'l riceve.
Fugga or da me cura noiosa e greve,
che 'l veglio che giamai non stanca l'ale
mio nome alfin d'oscuro oblio non copra;
se m'avvalora all'opra
30chi puote in sua virtù farmi immortale;
ché son di tanta gloria e d'onor degni
fuor d'uman corso i minor pregi suoi,
che di lor chi può mai ritrarre 'n carte
alle future età picciola parte,
35fa più di quel ch'i più spediti ingegni
fêto lodando i più nomati eroi.
Or di quest'alta speme il bel pensiero
a ragionar di voi mi mena altèro.
   Ma di tante virtù di quant'io posso
40col debil sguardo sostener la luce,
quai fien mezze a narrar e quai fien prime?
Tal dubbio in forse ogni consiglio adduce,
e la copia del dir, la qual m'adosso,
sul bel principio fa mancar mie rime.
45Or qual convien che de la fin s'estime?
Pur seguendo 'l desio che mi fa strada,
vo' con lo stile a mio poder alzarmi.
Prima gloria de l'armi,
onoro in voi quella temuta spada,
50a' cui lati si stan senno e valore,
ov'è la maestà nell'else assisa,
e da la punta sua dipende il fato.
Quella spada onor'io, a cui vien dato
dalla terra e dal ciel ogn'alto onore
55sovra qualunque più onorata guisa,
salvo ciò sol che di lei non rimbomba
di Smirna e Manto assai più chiara tromba.
E ben eran omai di nobil carme
infin d'allor le vostre geste degne,
che sotto 'l grave acciaio il capel biondo
primier premeste intra le chiare insegne
di quel gran padre vostro, in pregio d'arme
primo a tutt'altri, ed or a voi secondo:
indi non mai sperò cotanto il mondo,
che non restasse dietro a vostre imprese
ogni qualunque suo desir più egregio:
allor nel vostro regio
animo il dio combattitor discese;
dove poi la ragion, ire spirando,
quel valor sovrumano in voi produsse
che conoscer non sa rischi e terrori.
Quinci dell'armi in sui più fèri ardori
quanto fu vago mai di gir pugnando
là sempre ove maggior periglio fusse,
tu, vera Gloria, testimon di lui
in mille chiari fatti, il narra a nui.
   Narra pur anco a noi come de l'arti
di sovran duce egli arricchì lo 'ngegno,
non con gli altrui, ma co' suoi sommi imperi:
e 'n conquistar città, provincia o regno,
come deggia adempir l'alte sue parti,
e' l'apparò da' suoi trionfi altèri.
O nati a bel destìn almi guerrieri,
sotto colui trattando i ferri vostri,
che de' consigli suoi va sì potente,
qual di noi presta mente
tanto vigor in una a' sensi nostri
porge giamai, quanto 'l suo senno a tante
armate schiere, ed intra lor diverse
e d'abiti e d'ingegni e di linguaggi?
E quando di pensier più accorti e saggi
videsi un duce mai fra tutte quante
le chiare armi o latine o greche o perse?
Cotanto quel di voi senno canuto
ha visto di lontano e proveduto.
   Quind'è che degne sol de' vostri impieghi
son le più dubbie imprese e le più grandi,
s'ove il poder ostil siasi dimostro,
tal ch'ogni uman consiglio a terra mandi
ed ogni mortal forza o rompa o pieghi,
ivi 'l senno adoprate e 'l valor vostro.
Deh! prestare credenza al sermon nostro,
vegnenti a noi, che di sua altèra, invitta
vertù narra pur poco: e a chi nol crede
allor fanne tu fede,
in virtù di sua mano, Asia sconfitta;
o possanza d'Europa, o forte mano,
infra tanti furor d'arme infedeli,
te non essendo, or chi di noi saria?
Che se 'l pensier indietro là me 'nvia
rimembrando me 'ngombra un timor vano
di veder da per tutto empie e crudeli
straggi di noi, e fumar d'ogni loco
in un orribil misto il sangue e 'l foco.
   Già parmi di veder madri piangenti
co' figli pargoletti uccisi in seno,
ch'émpian di tristo orror il petto mio;
e le sacre donzelle udir non meno
sospirar, vergognose, egre, dolenti,
il fior de l'onestà donato a Dio.
E già mi sembra al furor empio e rio
altro scampo che 'l Ciel a noi non resti;
onde la vita in me medesmo abborro.
Però dove trascorro,
sì vaneggiando co' pensier funesti,
e non più tosto mi rallegro omai
con meco stesso, sol però ch'io veggia
un'età ch'un signor sì grande onora?
Sia benedetta mille volte l'ora
che tanto in alto i miei pensier alzai,
onde convene ch'altro ben non chieggia,
se tal senno al valor è 'n voi congiunto,
che 'l mestiero de l'armi al sommo è giunto.
   Canzon, tu via me 'nfiammi anzi ch'acqueti
nel bel novo desio che a dir me 'ncende
de la più altèra e chiara gloria nostra:
però rimanti, prego, entro la chiostra
de' pensier miei di te gioiosi e lieti,
fin che la man l'usato stil riprende,
poiché d'aver compagne hai vera brama
a gir colà dove 'l dover ti chiama.

   2
   Alto signor, più di fallace il nome
non merta il mondo ora ch'a voi se 'nchina,
poiché ben ha dond'inchinar vi deggia:
se adorna la di voi parte divina,
a cui le membra fan vesti e non some,
valor, che nullo uman pensier pareggia
(i' dico quel valor che signoreggia
con dolce impero i vostri piani affetti,
per più illustrar ne l'arme il secol nostro):
valor uguale al vostro
non chiuser mai de' prischi duci i petti,
quand'eran l'alme al ben oprar accese,
e segnavan nel calle, onde a virtute
si poggia, più spess'orme umane piante.
Quind'è che le lor opre oneste e sante,
che ben eran da noi finor intese
con meraviglia sì, ma non credute,
oggi, mercé di voi, ciascun le crede,
e da' vostri costumi acquistan fede.
   Ma, se l'acquistan sì ch'al paragone
de la di voi virtù mancan di pregio,
chi le vostr'opre crederà da poi?
I' spero, allor quando sia al fato in pregio
che la terra già vinta al ciel vi done,
per accrescer chiarezza a' lumi suoi,
ch'a quegli che verran dopo di noi
una stella assai più chiara che 'l giorno
testimon sia delle vostr'opre degne.
Ché donde l'alte insegne
portaste a far passaggio over soggiorno,
non pur non ricevêro oltraggi ed onte,
ma liete s'allegrâr le messi o i prati
de la lor non più vista alma innocenza.
Chi, fuor che voi, frenò l'empia licenza
de l'armi a mal oprar spedite e pronte?
poiché mal può affrenar popoli armati
duce che suoi desir non anco affrena
e col suo essempio altri a ben far non mena.
   Dond'è che poi molte fiate e molte
ad imprese da voi tutte lontane
giungeste pria che n'arrivasse 'l grido?
onde a sì nòve meraviglie e strane
il Reno e l'Istro attoniti più volte
l'onde al corso fermâro? O tu che nido
fai nel suo regio petto, albergo fido
de l'altre tutte, alta Virtù che prendi
in mezzo le fatiche i tuoi riposi,
di sì meravigliosi
effetti la cagion omai ne rendi.
Tu sola a l'angosciose opre di Marte
talmente agevolasti il mio signore,
che di folgor de l'arme oggi ha la loda:
né giamai col valor bellica froda
venne de l'alte sue vittorie a parte;
ché non ha maggior palma il vincitore
di quella in cui gli animi ancor de' vinti
son da la sua virtù presi ed avvinti.
   Or se nell'atto de la fèra pugna,
peroché in voi l'oste nemica ammire
l'alto invitto valor, forz'è che v'ami,
qual è a pensar, quando gli sdegni e l'ire
omai sgombri dal petto, ivi raggiugna
la virtù ch'al perdon poi vi richiami?
Egli è colui sol degno ond'uom si chiami
ch'a l'inimico umìle e lagrimoso
dimostra il volto di pietà dipinto.
Ma consolare 'l vinto,
e di saggio lodarlo e valoroso,
la perdita recando a rio destino,
duce che sappia oprar sì nobil atto,
rassembrar non può mai terrena cosa;
ma che 'n sembianza umana in lui sti' ascosa
un'alta mente di valor divino,
donde 'l sommo Fattor abbia ritratto
tutti color che fûro a' prischi tempi
di creata clemenza altèri essempi.
   Di voi che dunque imaginar degg'io,
se tal godete oprar atti sì degni,
che vi dorrebbe il non potergli usare?
Se 'l pregio in me di tutti i chiari ingegni
fosse, pur mancarebbe il pensier mio
in capir di bontà forme sì rare.
O chiara idea de l'anime più chiare,
valoroso signor, entro 'l cui seno,
come 'n suo trono, è la Virtù seduta,
se fosse conosciuta
la sana gioia di che 'l cor va pieno,
allor quand'ella è da voi posta in uso,
saria dal mondo omai l'error sbandito,
che mena l'uom dietro al piacer fugace.
Quinci, non pago sol di usare 'n pace
le virtù regie, onde cotanto in suso
siete sul poggio de l'onor salito,
vi menâr anco i di lor santi amori
fra disagi de l'armi e fra terrori.
   Però, se a quei che fece in guerra chiari
sol un nobil desio d'eterne glorie,
furon eretti altari e pòrti incensi,
a voi, colmo di tante alte vittorie,
sol per usar vincendo atti sì rari,
di qual onor per debito conviensi?
Premio ben poco a' merti vostri immensi
egli è di trionfali alte ghirlande,
che la gloria vi cinga il crine augusto.
Ah! che lo Ciel, ch'è giusto,
non seppe destinar premio più grande
a la virtù che la virtude istessa:
peroch'ella di sé cotanto è paga,
che ciò che non è lei, sdegna o non cura.
Quindi 'l saggio il destino o la natura
ringrazia, perché l'abbia in cor impressa
la copia degli affetti errante e vaga:
perché su l'ombre lor spiega la luce
ragion, dond'ei simile a Dio riluce.
   Quest'è dunque il trionfo almo, immortale,
che per quanto lo stil se 'nalzi a volo,
manca via più, se 'n lui via più m'interno:
o bel trionfo, di cui degno è solo
che sia l'animo vostro alto regale
e spettator e Campidoglio eterno!
Trionfo u' de' pensier sède al governo
Prudenzia, a cui l'avvenir mal si pote
celar, più che non soffre umana usanza:
Fortezza e Temperanza
belle quant'altre mai reggon le rote
ch'a l'alma e l'ira ed il desio formâro:
e 'n cima al carro in maestate è assisa
la regina Virtù, la Virtù intera.
D'affetti vinti una ben folta schiera,
che tôrre il regno a la Ragion tentâro,
tra dolci lacci alfin siegue conquisa;
e di palme immortai va l'Onor vero
colmo, adornando il gran trionfo altèro.
   Canzon, tal mi son io qual mal accorto
nocchier ch'a vasto mar la vela crede,
e spera esser col sole a l'altra riva;
quand'ecco 'l giorno a nova gente arriva,
ed e' trovarsi in alto mar si è accorto,
tal che cima di monte ancor non vede.
Riman però, mentre più fogli i' vergo,
con l'altra insieme, entro 'l medesmo albergo.

   3
   Poiché l'umil, devota, accesa voglia
di bel nuovo mi mena, a ciò ch'i' dica
maggior cosa di voi, real signore,
prego la mente, dell'oblio nemica,
perch'i' al fin giunga ove 'l desio me 'nvoglia,
che raddoppi al bisogno il mio valore.
Se lo stil, che già mosse a farvi onore,
tanta da voi di chiari pregi illustri
tien copia, che mancar non mai potrebbe.
E chi tacer saprebbe,
rimembrando per cento e mille lustri
sudar tra l'arme imperadori e regi
per voi ripor tra le corone e gli ostri
su quella somma altezza in cui sedete,
e l'alta stirpe oltrapassar le mete
degli onor tutti imperiali e regi:
tanto che spiacque agli stess'avi vostri,
non essendo di lor chi mai pensasse
ch'altro loco di gloria a voi restasse?
   O grand'alme sì amiche al cielo e care,
ch'or tenete tra bei splendori eterni
le sue parti più alte e più serene,
se giungon mai su' nidi almi superni
del gran nipote l'opre degne e rare
a recar nòve gioie al vostro bene,
or d'allegrarvi in Dio più vi convene,
poiché sol fu quell'alta gloria vostra
una bell'alba del mio chiaro sole.
Ché 'n sì gravi parole
non pò mai risonar la lingua nostra,
che dica in quanta maestate altèra
fu da l'invitta sua virtute alzato
sovr'ogni suo più eccelso onor antico;
ch'intenta or pende dal suo cenno amico
di prencipi sovrani un'alta schiera,
che sol confida in suo valor provato,
sicura che da' regni unqua non cada,
poi ch'appoggiò gli scettri a la sua spada.
   E quel re formidabile, che regna
entro l'Alpi, Garona e l'onde salse,
che 'l giogo omai credeasi al mondo imporre,
incontra 'l suo poder cotanto valse
il nome sol ch'oggi a laudar m'insegna,
ch'or a piè de la pace umil ricorre.
O nome glorioso! E chi rincorre
tutti tuoi pregi alti, ammirandi in guisa
ch'ognor ne parla, e sempre 'l più ne tace,
quella Donna loquace
ch'a mezzo 'l cielo in alta ròcca assisa
de' rumor di qua giù si nutre e cresce,
voce formando, che, se via più gridi,
divien men roca e 'n chiaro suon più sale.
Indi accoglie ogni nome alto, immortale,
a cui vaghezza e meraviglia mesce,
e per tutti i remoti estrani lidi,
risuonando tra noi, chiaro il riporta
fin da l'una del sole a l'altra porta.
   Alto desio, tu sì me 'nfiammi 'l petto,
ch'i' ben m'avveggio omai che là mi meni
ov'è forza atterrarsi il pensier mio:
onde, di riverenza e timor pieni,
treman lo stil, la mano e lo 'ntelletto,
ch'i', te seguendo, tanto in su gl'invio:
e potrebbe sdegnar 'l Ciel, perch'io
col tenebroso debil guardo interno
voglia spiar le più riposte cose
di Colui che dispose
de le basse cagion l'ordin eterno,
e formata di ben saldi diamanti
stende di lor lunghissima catena,
con la qual cinge e tiene avvinto il mondo.
E, mosso in sua ragion cupo e profondo,
inverso noi da mille etati innanti,
per orror così densi il passo mena,
che chi pon cura di non girli incontra,
quando crede fuggirlo, allor lo 'ncontra.
   Ma, se a la vostra altissima fortuna,
felicissimo Sire, i' mi rivolgo,
sembra ch'al Fato il valor vostro imperi:
onde sì forte dubio i' tra me volgo
(tante grazie sul brando il Ciel v'aduna!),
se sien maggior in voi l'opre o i pensieri;
ch'ogni grand'alma di desir più altèri
non può giamai desiderar cotanto,
quant'otteneste voi da' cieli amici.
Faccian pur i nemici
schermo che 'n sicurezza abbia ogni vanto
di montagn'aspre e d'alti spaziosi
rapidi fiumi, o pur d'orrido cielo,
ch'ad un sol cenno vostro obbedienti
vedransi e la natura e gli elementi,
agevolarsi i monti faticosi,
seccarsi l'onde e dileguarsi il gielo;
tal che non fia per voi tempo distinto
tra 'l venir, il veder e l'aver vinto.
   E svegli pur risse, tumulti e guerre
tra regnanti cristian l'Invidia amara,
che sempre mai colla Fortuna giostra
per far (e questa sola è la più avara
voglia di lei) che tra confin si serre
d'Europa almen l'alta fortuna vostra.
Ché, come allor che da l'eterea chiostra
quando 'l gran Giove via più d'ira avvampi,
tuona qua giuso, il suo folgor ardente
suole recar sovente
belle speranze agli assetati campi,
e a le torri superbe alti timori;
e' così recherà la vostra spada
un'alma pace al buon popol di Cristo,
e che pel santo glorioso acquisto
porterà a l'Asia guerra, ira e furori,
u' con navi e cavalli omai sen vada
già parmi, e d'ascoltar la lieta voce
che sovra la gran tomba alzi la croce.
   Rallegratevi, dunque, or con voi stessi,
tu famoso de l'armi alto mestiero,
che per suo senno è tua ragion compita,
e tu, bella virtute, ch'a sì altèro
campione hai gli onor tuoi tutti commessi,
né 'n questa età più vai sola e smarrita;
e colmo ancor di gioia alma infinita
vadasi il mondo, che la gloria immensa
del suo gran nome riverente onora;
e volga lieto ancora
lo Ciel ch'i suoi favor largo dispensa
a chi mai sempre al ben gli pone in uso;
e sovra tutti omai convien che goda
lo stil che 'l valor suo mi pose in mano,
ed oh bel pregio mio sommo e sovrano!
s'alzato e' siasi mai cotanto in suso
che pur si fosse di sua eterna loda
sol indrizzato, non che giunto al segno,
che non fôra del mio stile più degno.
   Canzon, andrai con l'altre a veder quella,
che pensier non imita, alma persona,
che 'ngombro ha di sua gloria il mondo intero;
e, giunta al suo cospetto, umìle, altèro,
dirai devota in atto ed in favella:
- Se ciascun detto nostro una corona
fosse immortal, pur a l'onor devuto,
a voi, signor, saria picciol tributo.